A cura di Eleonora Alvisini
La psicoterapia della Gestalt considera l’uomo come un organismo che funziona su più livelli e non come un essere dicotomico diviso tra mente e corpo . La Gestalt mutua dalla teoria del campo di Kurt Lewin il concetto che il tutto è diverso dalla somma delle singole parti, quindi l’individuo non può essere considerato nelle sue varie parti distintamente, ma deve essere valorizzato come un “unicum” all’interno del quale interagiscono numerosissimi aspetti.
L’essere umano inoltre è in costante contatto con il suo ambiente e quando si parla di qualsiasi organismo lo si deve considerare sempre all’interno del suo campo, ogni individuo dipende dal suo ambiente. Il rapporto tra individuo e ambiente determina il comportamento dell’essere umano.
Secondo Perls il campo è governato dal processo di omeostasi, tale processo è al servizio della sopravvivenza di ogni individuo. L’omeostasi si compone di omeo- (dal greco: ὅμοιος = simile) e di -stasi (dal greco στάσις = stabilità) e indica la capacità degli individui di autoregolarsi e tendere alla stasi. Attraverso questa autoregolazione l’organismo interagisce con il suo ambiente e soddisfa i suoi bisogni fisiologici, ma gli individui hanno anche bisogni psicologici di contatto. Le funzioni fisiologiche si svolgono nell’organismo ma è necessario che l’organismo prenda dall’ambiente per sopravvivere.
Per prendere qualcosa l’individuo deve entrare in contatto con l’ambiente, ad esempio io sono in costante contatto con l’ambiente respirando e in sporadico contatto mangiando. Il contatto con l’ambiente è indispensabile per la sopravvivenza ed è in questo nesso che il fisiologico diventa psicologico, l’omeostasi diventa contatto.
Il contatto necessita necessariamente di tre elementi: 1 l’organismo; 2 l’ambiente; 3 la membrana che sta tra loro. Il contatto tra organismo e ambiente è la realtà più semplice, se il campo non è disturbato si giungerà in maniera armonica all’autoregolazione.
Per soddisfare i propri bisogni l’organismo necessita dell’ambiente esterno con il quale deve entrare necessariamente in contatto attivando un ciclo di contatto, per soddisfare i propri bisogni l’organismo deve di volta in volta adattarsi alle circostanze ambientali.
Secondo Jean Marie Robine l’adattamento è un processo creativo che mette in interazione i bisogni dell’organismo e gli stimoli ambientali. Il bisogno dell’organismo cerca un oggetto, una risposta nell’ambiente, bisogno e pulsione sono in relazione all’oggetto e sono inseparabili, diversamente da Freud per cui l’elemento importante della pulsione è la soddisfazione e l’oggetto è irrilevante.
Secondo Perls l’individuo per soddisfare i suoi bisogni deve imparare a distinguerli, ad organizzare il suo comportamento seguendo una gerarchia dei bisogni, deve occuparsi di un bisogno alla volta. Il soggetto deve chiudere una Gestalt prima di aprirne una nuova, il bisogno diventa figura di primo piano e gli altri bisogni vanno sullo sfondo temporaneamente.
Questi bisogni entrano in figura e sono in dominanza rispetto agli altri a seconda delle necessità del momento; essi seguono la Piramide dei Bisogni di Maslow e sono in relazione ad una gerarchia. Un bisogno quindi diventa dominante quando prevale ed orienta la coscienza ed il comportamento.
L’individuo adattandosi all’ambiente per soddisfare i propri bisogni lo fa a volte anche in modo creativo, scoprendo nuove soluzioni e creando nuove configurazioni. Quando l’individuo raggiunge l’adattamento senza mettere in campo la creatività e la novità attua una ripetizione nevrotica; invece la creazione senza adattamento non è radicata nel reale e può corrispondere alla scissione psicotica.
Perché ci sia un contatto è necessario che una figura si stacchi dallo sfondo, questa figura assume la dominanza momentanea del campo e attinge energia dal bisogno, dall’organismo e dall’ambiente. L’elemento più importante non è né la figura né lo sfondo ma il rapporto tra essi.
Secondo Perls e Goodman i contatti hanno come finalità primaria l’assicurazione della sopravvivenza, la cui conseguenza è la crescita. Il contatto è quindi il passaggio dallo psicologico al fisiologico. La fisiologia spinge l’individuo all’omeostasi e la psicologia lo spinge ad incontrare ciò che è diverso da sé, la novità, generando squilibri e rischi nell’organismo.
Secondo Perls il contatto dovrebbe essere consapevole e intenzionale, e la realtà si manifesta nei momenti di buon contatto da un’unicità di consapevolezza, risposta motoria e sentimento. La consapevolezza gestaltica è un insight che include: presa di coscienza; illuminazione; percezione intuitiva; auto rivelazione; consapevolezza mente, corpo e contesto.
Perls ha elaborato uno dei concetti innovativi della psicoterapia contemporanea: “il confine di contatto”. In accordo con la riflessione fenomenologico-esistenziale l’essere umano è concepito come un essere relazionale ed esperienziale. La persona diventa sé stessa facendo esperienza e questa si realizza nel confine di contatto, inteso come una linea immaginaria che separa, ma unisce anche, il nostro organismo all’ambiente. Il confine è fluido e mutevole e vivendo si creano costantemente nuovi confini. La persona è concepita come un organismo che interagisce con il proprio ambiente.
Il contatto quindi avviene nel confine nel “tra”, questo è il luogo della relazione. Il confine è concreto e si colloca nel qui ed ora, il confine è nella pelle e negli organi e consente all’individuo di interagire contemporaneamente sia con l’oggetto sia con l’ambiente. La sua recettività e la sua risposta sono rivolte sia all’oggetto sia all’ambiente. Questo confine dove si può fare contatto è un luogo di energia permeabile e pulsante.
Secondo Perls e Goodman il confine di contatto è come una frontiera che separa il “me” dal non “me” e l’energia si muove in entrambe le direzioni. Il confine di contatto serve a contenere, proteggere e porre l’organismo in contatto con l’ambiente. Le tensioni tra individuo e ambiente interagiscono finchè non viene trovato un equilibrio congruo per entrambi.
Il confine di contatto è il confine entro cui una persona ha bisogno di ricercare qualcosa fuori del proprio sé, è il collegamento tra l’io e gli altri. I confini dell’io invece sono i confini dell’esperienza permessa all’interno del proprio sé.
L’organismo sano ha un’adeguata percezione del confine, è in grado di cogliere e distinguere dallo sfondo una figura cioè un bisogno emergente, tende spontaneamente alla risoluzione di una gestalt e spontaneamente entra in contatto con l’ambiente. L’individuo disturbato fa confusione tra figura e sfondo, non sa cogliere ciò che per lui è in primo piano, non sa distinguere ciò che è prioritario.
La consapevolezza di un bisogno (che corrisponde alla formazione di una figura chiara sullo sfondo) spinge l’organismo ad organizzare un’attività di soddisfazione del bisogno stesso, secondo un processo che è definito “ciclo di contatto” o, anche, di “autoregolazione organismica”. Segue poi la fase di ritiro, che corrisponde alla assimilazione e al dissolvimento della figura sullo sfondo. A questo punto l’organismo è pronto a dare inizio ad un altro “ciclo di contatto”, ad un’altra fase di ritiro, e così di seguito.
Ogni volta che l’organismo non riesce a soddisfare un bisogno si interrompe una gestalt ed il contatto con l’ambiente. L’interruzione del ciclo di contatto costituisce un blocco della maturazione dell’organismo il quale si nutre del contatto con l’ambiente. L’interruzione del contatto avviene quando è bloccata l’eccitazione che dovrebbe sostenere l’azione nell’intero ciclo. L’energia che dovrebbe sostenere il processo viene utilizzata per bloccare il processo ed evitare il contatto.
Il ciclo di contatto ha una durata e si sviluppa in una dimensione temporale secondo le quattro fasi già individuate da Perls- Goodman: pre-contatto, contatto, contatto finale, post-contatto.
1)Nella fase del pre-contatto all’interno dell’organismo da uno sfondo composto di Gestalt aperte, bisogni organici e sollecitazioni ambientali, comincia ad emergere un bisogno. Immediatamente l’organismo trae dai propri apprendimenti più arcaici una valutazione emozionale del bisogno emergente e dà una prima risposta attraverso un insieme di sensazioni, fantasie, paure.
2)La fase del contatto inizia quando l’ambiente entra nel campo percettivo dell’organismo e termina quando organismo e ambiente sono pronti per incontrarsi e realizzare le loro reciproche intenzionalità. Nella fase del contatto ci sono 3 sottofasi:
- Fase dell’orientamento: l’organismo comprende con maggiore chiarezza il proprio bisogno e inizia ad identificare ciò che vive come proprio.
- Fase della manipolazione: comincia a prendere forma l’eccitazione necessaria per sostenere il movimento e per mantenere l’attrazione ed il desiderio del contatto. In questa fase la tensione e l’eccitazione crescono mentre la direzione diventa più chiara e ci si avvicina al contatto. L’azione diventa appropriata al contatto voluto.
- Fase in cui l’organismo è pronto per il contatto, l’eccitazione si intensifica, emerge una grande ricchezza di sentimenti ed interessi. Questa sottofase è il punto di arrivo del continuum consapevolezza-direzione-eccitazione-azione, che ha portato il sé al confine di contatto
3)Nella fase del contatto finale l’organismo e l’ambiente si lasciano andare ad un’interazione di sana confluenza. Per un certo tempo esiste solo un “Noi” e non più un “Io” e un “Tu”, c’è una momentanea perdita di confini e il sé si manifesta nella sua pienezza. L’intenzionalità è rilassata e si determina un’azione unitaria composta di percezione, moto e sentimento, che si svolge nel qui ed ora.
4) Nella fase del post-contatto l’organismo si ritira dopo aver raggiunto il suo scopo. La figura, il nuovo, viene inclusa nello sfondo precedente per poter essere assimilato Il “non me” diventa “parte di me” allargando i confini dell’io. (ritiro-assimilazione-crescita).
A seconda del momento (o fase) del ciclo di contatto in cui l’eccitazione viene bloccata, l’organismo mette in atto diverse modalità di resistenza al contatto stesso: confluenza, introiezione, proiezione, retroflessione. Esse sono sia meccanismi di interruzione (difese) sia stili di contatto con l’ambiente, correlabili con le categorie psicopatologiche descritte nella classificazione psichiatrica; offrono, dunque, numerose implicazioni diagnostiche e clinico-terapeutiche. Esse non sono di per sé negative; diventano patologiche se si cronicizzano.
Quando l’interruzione del ciclo di contatto avviene nella prima fase, detta del pre-contatto, il soggetto può andare incontro ad una confluenza patologica-desensibilizzazione. L’organismo può essere bloccato nella prima fase, quella dell’insorgenza del bisogno e dell’interesse per l’ambiente. Quando emerge un interesse significativo nei confronti dell’ambiente, l’organismo non riesce a sostenere l’angoscia normale della separazione, per cui vive un’angoscia patologica che blocca l’insorgenza stessa del bisogno. Se blocco la componente corporea entro nella confluenza, se blocco quella emotiva entro nella desensibilizzazione. La confluenza è uno dei disturbi più seri perché quando è eccessivamente presente l’individuo non riesce ad avere una identità separata. Nella confluenza viene a mancare la percezione del confine, si produce una identificazione tra organismo ed ambiente, tra Io e Tu. La persona confluente non sa chi è, non conosce le proprie possibilità né quelle degli altri, non sa prendere la necessaria distanza dalle cose e dagli altri e, dunque, non riesce a diventare autonomo. La confluenza può essere più o meno grave e nella forma più severa non vi è la minima capacità di differenziazione.
Quando l’interruzione avviene nella prima sottofase della seconda fase del contatto (sottofase dell’orientamento-introiezione), l’organismo ha incorporato oggetti dall’ambiente che impediscono la consapevolezza e l’orientamento. L’organismo ha paura di assumersi la responsabilità dell’identificazione del bisogno, introietta acriticamente senza aggressività ed eccitazione. Nella introiezione quindi si lascia oltrepassare il proprio confine ed invadere il proprio organismo dall’ambiente (altri) con una forte compromissione dello sviluppo della propria autonomia. Si “ingeriscono”, senza discriminazione, norme, valori, atteggiamenti, pensieri altrui. Nella introiezione mancano le dimensioni attiva e creativa del contatto sano.
Quando l’interruzione avviene nella seconda sottofase della fase del contatto (sottofase della manipolazione-proiezione), il bisogno è emerso e si intensifica l’energia, l’organismo sposta la sua attenzione fuori da sé e attribuisce all’altro ciò che sente; l’eccitazione perde l’orientamento e diventa insopportabile spingendo il soggetto a fare un’azione inappropriata, egli agisce per ridurre una tensione e non per arrivare ad una meta. Il soggetto non riesce quindi ad appropriarsi dell’affetto, dell’emozione, del sentimento e delle rappresentazioni che fanno parte di lui scaricando sugli altri tale responsabilità. Nella proiezione quindi, è l’organismo che oltrepassa il confine, invade l’ambiente, attribuisce all’altro ciò che è suo; l’organismo tende a “rendere l’ambiente responsabile di tutto ciò che si origina nel sé”
Se l’interruzione avviene nella terza sottofase (quando il soggetto è pronto per il contatto), si verifica la retroflessione; l’organismo blocca l’azione appropriata e si ritira in prossimità del contatto finale, l’energia inverte la direzione e si dirige verso il proprio corpo e la propria personalità. Una parte dell’organismo viene spinta a svolgere la funzione dell’ambiente e se viene a mancare il sostegno adeguato si può avvertire il panico, il soggetto può esprimere la fobia del legame e della sana confluenza. Esistono 2 tipi di retroflessione: 1fare a se stessi ciò che in origine avremmo voluto fare all’ambiente; 2 fare a se stessi ciò che in origine avremmo voluto che l’ambiente avesse fatto a noi.
L’interruzione infine può verificarsi anche nella quarta fase, detta del post-contatto, in questo caso si possono avere 3 reazioni: 1Egotismo, l’organismo si ritira prima che possa gustare la soddisfazione del contatto così blocca l’assimilazione e la spontaneità e non raggiunge l’asssimilazione del non sé; 2 La confluenza nevrotica è un meccanismo per cui l’individuo si aggrappa al contatto e non lascia accadere la separazione; 3 La deflessione infine è una manovra per distogliersi e togliere calore al contatto attraverso meccanismi come ridere o non guardare negli occhi.
Infine possiamo concludere che il contatto quando è sano non è né unione né separazione, ma la capacità di essere uniti con l’oggetto pur mantenendo un’identità separata. Quindi un individuo che si sviluppa in maniera sana possiede la capacità di auto-sostegno e di differenziazione dall’ambiente, questa duttilità gli permette di essere in armonia e di entrare in contatto ma allo stesso tempo di non essere dipendente e di funzionare autonomamente.
Eleonora Alvisini